“Disumano, troppo disumano”, il titolo non inganni, è un racconto brillante, un divertimento narrativo, ricco di spunti. La sapida opera prima dell’ autore partenopeo Andrea De Santis è disinvolta ed incisiva; parte da un’idea unica, come l’intrigo fra un giovane smidollato ed un pollo dalla mente fervida, il passaggio da un fortuito incontro ad una serrata vicenda di affari e commistioni della coppia, assumendo toni surreali senza smarrire mai ampiezza e luce. L’animale guida il giovane in spericolate speculazioni, con spirito geniale, procurandogli ingenti somme con un semplice clic al computer, chiedendo per sé partite di miglio e mangime.
Andrea De Santis pone “penne” su carta, si può ben dire, con stile fantasioso, lasciando emergere una consapevolezza del mondo virtuale dell’alta finanza, con un apologo dell’arricchimento e della miseria, del traffico di titoli e denaro, esprimendo una critica implicita, sobria dello stordimento del mondo contemporaneo di fronte a commerci vertiginosi ed inafferrabili.
Il racconto sciolto, semplice, il dialogo fra uomini ed animali, le grottesche traversie del protagonista, Vincenzo Fiadini, nella singolare relazione con il complice pennuto, ricordano a tratti il teatro dell’assurdo di Ionesco, il realismo magico di Bontempelli, o forse le garbate provocazioni letterarie di Palazzeschi, del primo Novecento futurista.
L’autore attinge da lontano, sicuramente, ma lo scenario è quello del nostro tempo: disumano risulta il vivere con desideri inappagati, contatti tra un confine e l’altro della Terra, amori evanescenti, privi di radici.
Il monito della fragilità emotiva dell’uomo, che soccombe di fronte alle intuizioni di un pollo, la costruzione di cartapesta del benessere, le responsabilità di piccoli, grandi reati, sono argomenti ricorrenti, che si snodano come una parafrasi ardita e bonaria delle più losche vicende della mafia d’alto bordo, sottolineando che tanto ingegno “del male” infine sia alacre e velleitario.
Sullo sfondo il rapporto di amicizia di Vincenzo Fiadini con il pollo diviene intenso. L’animale confida il desiderio di generare pulcini da sottrarre alla vita in gabbia ed alla fine cruenta degli allevamenti, ma tale aspirazione rimarrà senza approdi, per una congenita sterilità. In sintesi tutta la rete di azioni beffarde messe in piedi dal pollo nascondono un desiderio di libertà e di vendetta contro il cinismo umano, dimostrare con l’inversione dei ruoli fra esseri più o meno pensanti che l’ordine naturale delle cose non sia immutabile, che l’uomo non possa ergersi sempre a re del mondo.
Marco Cristiano