“Senza musica la vita sarebbe un errore.”
(Nietzsche)
In principio fu il Mare. Poi, giunsero le Sirene. E nacque la Musica. Benedisse l’unione la Dea lunare Diana, regina delle selve e dei boschi, della natura gioiosa, e di quella Natura incomparabile che splendeva nel luogo dove era nata quella magia musicale. Che fu chiamato Partenope, dal nome della Sirena che si dà alla morte per amore, perché anche l’amore era indispensabile a quell’alchimia, ne era una componente essenziale, inscindibile. Quel luogo, dove Mare, Sirene e Amore avevano creato la Musica, si chiamò in seguito Napoli, ed essendo un dono degli Dei, divenne esso stesso Natura, Musica e Amore, ammaliando per secoli i viaggiatori, che non potevano sapere che quella bellezza, quel fascino che apparivano nuovi ai loro occhi, erano anche misteriosamente antichi.
Napoli, un palinsesto. Che è la sua gloria e la sua disgrazia. La sua antichissima storia, fatta di arte e bellezza, giace spesso cancellata da uno storico sovrapporsi di falsità fatte di malafede e di ignoranza. Giace? Giaceva. Perché se è vero che scoprire e denunciare la Verità spesso è un’autentica agonia, come diceva Louis-Ferdinand Céline, che la verità l’aveva sperimentata sulla propria pelle, da quella sofferenza nasce il riscatto proprio come dalla notte più nera appare la stella splendente che annuncia l’alba. Oggi storici coraggiosi come Carlo Alianello, Silvio Vitale, Angelo Manna, Luciano Salera, Gigi di Fiore e molti altri hanno denunciato e documentato l’ignobile operazione di spietata colonizzazione e appropriazione della parte più florida d’Italia a favore dell’arretrata altra metà, e che passò col nome di Risorgimento e di Unità, ma fu invece guerra di conquista.
Così anche, oggi, per merito di un aureo libro scritto da Enzo Amato, “La Musica del Sole”, per le edizioni di Controcorrente, approdiamo a un’altra Verità che ci è stata da tempo negata: la grandezza di quella che giustamente Enzo Amato definisce insuperabile e che fu la Scuola Napoletana del Settecento, faro mondiale di Cultura e nella Napoli di quel tempo. Oscurata e ignorata dai più a favore del sentimentalismo musicale ottocentesco che imperversò nell’Italia dell’Unità, Napoli al massimo, per la maggior parte della gente si identificava musicalmente e storicamente nella Canzone napoletana classica, che certamente con alcuni Autori assurse a forma d’arte e di grande poesia. Tuttavia ben pochi, salvo gli addetti ai lavori, sanno la grandezza di quel faro che illuminò tutta Europa e fu spesso da essa saccheggiato senza ritegno, anche da musicisti del calibro di Mozart e Bach. Non si creda che questo libro incandescente, ineccepibilmente documentato, illustrato con rare immagini d’epoca ed affascinante, sia un’arida sequela di nomi e di date. Esso è vivente: balzano dinanzi a noi le figure gigantesche di Domenico Scarlatti, Pasquale Anfossi, Giovanni Paisiello, Andrea Luchesi, anche nei loro momenti di vita. E anche di tanti altri, sconosciuti ai più, che hanno fatto la gloria della Musica napoletana del Settecento, e che sono stati ignobilmente dimenticati o plagiati. D’altronde, anche in altro campo, non lo fu anche Gianbattista Basile, lo straordinario narratore del secolo XVII, primo a utilizzare la fiaba come forma di espressione popolare, e al quale si deve l’immortale fiaba del Gatto con gli Stivali? Tutti la credono del Perrault perché un secolo dopo lo scrittore francese la fece sua, banalizzandola ed edulcorandola, mentre è un amaro e realistico discorso sulla falsità e irriconoscenza umane. Ma torniamo ai nostri musicisti, che Enzo Amato ci presenta con i fogli da musica sotto il braccio, appena usciti dagli scaffali polverosi dove molti di loro giacevano. E noi ci sentiamo lì, con loro, tanto l’Autore ha saputo restituirceli viventi. È un viaggio straordinario in quella che fu definita la “Capitale mondiale della Musica”, attraverso le Chiese, i Conservatori, i Teatri, ma anche le strade di Napoli, dove incontreremo personaggi affascinanti, sia come artisti musicisti che come cantanti, o organizzatori di cantorie, o semplicemente come popolo napoletano. Infatti non a caso un viaggiatore francese del Settecento, il de Lalande, scrisse: “La musica si identifica nei Napoletani, sembra che in quel paese le corde del timpano siano più tenere, armoniche, più sonore che nel resto d’Europa: il paese stesso è un solo canto: il gesto, l’inflessione della voce, la prosodia delle sillabe, la stessa conversazione, tutto respira e si fa musica: così Napoli è essa stessa la sorgente principale della musica italiana, dei grandi compositori e di opere eccellenti”.
Così possiamo incontrare il grandissimo Paisiello, per esempio, che dirige un concerto in onore di san Gennaro, in una delle piazze di Napoli, gesticolando, in mezzo a una variopinta folla di fronte al Vesuvio e dove il pubblico erano i “lazzaroni” e le donne dei pescatori. Scopriamo la vita nei Conservatori, che accoglievano anche donne musiciste, e i cui Maestri che crearono una vera e propria Scuola, furono artisti del calibro di Alessandro Scarlatti, Francesco Durante, Niccolò Porpora, Giovan Battista Pergolesi, Giovanni Paisiello. Ma anche figure sconosciute ai più, che attraverso testimonianze documentatissime, Enzo Amato ci fa incontrare come fossimo noi, in quel momento, a passeggiare o a inoltrarci nei luoghi napoletani. Luoghi dove anche conosceremo i cantanti Castrati, come il famoso e isterico (per forza!) Farinelli, una gran perdita, a quanto pare, perché una voce del genere non si può sentire che con quel metodo… metodo però del quale oggi facciamo volentieri a meno… l’amore per la musica ha un limite! Enzo Amato ci conduce anche nei Luoghi della Musica, per i quali Leopold, il padre di Mozart, scriveva al figlio nel 1778: “Adesso la questione è solo una: dove posso avere più speranza di emergere? Forse in Italia, dove solo a Napoli ci sono sicuramente 300 Maestri (…)? O a Parigi dove circa solo due o tre persone scrivono per il teatro e gli altri compositori si possono contare sulla punta delle dita?” Entreremo in tutti i luoghi dove si faceva musica, nel Palazzo Reale, nel Teatro di Corte, nella Cappella Palatina, nel Teatro San Carlo, ci diletteremo nei Giardini Reali, resteremo stupefatti davanti agli arredi dei palazzi nobiliari, e in muta ammirazione nelle Chiese e negli Oratori, come la Cappella del Tesoro di san Gennaro, la Chiesa di San Ferdinando, dove ancora si può ascoltare il sublime Stabat Mater del Pergolesi. Per non parlare dei numerosissimi Teatri che fiorivano già in epoca greco-romana anche all’aperto dato un clima incomparabile. Ben lo sapeva il romano d’epoca augustea, Publio Velio Pollione, che chiamò la collina che si affaccia su Nisida, Pausylipon, ossia “tregua al dolore”… un dolore che invece si rinnova ogni volta che vediamo cosa hanno fatto di quei mitici luoghi unici al mondo, carichi di storia, bellezza, natura e arte, di fronte ai quali altri luoghi famosi come San Paolo del Brasile o Miami si vanno, come suol dirsi, a riporre: una ammorbante acciaieria, un cementificio, condomini di dieci piani, cementificazione. Tanto che non è poi eccessivo parlare di stupro. Ma anche di abissale stupidità, come se uno avesse uno splendido diamante e lo usasse soltanto per tagliare il vetro.
Un capitolo a parte, nel libro, è sul rapporto fra Mozart e la musica napoletana e sul suo soggiorno a Napoli con il padre. Vi sono alcune documentate verità assai intriganti che dimostrano, anche con immagini di partiture musicali, quanto il genio salisburghese abbia attinto e a volte anche copiato dalle melodie dei musicisti della Scuola Napoletana tra i quali il grandissimo Gregorio Allegri e Pergolesi, per non parlare del “molto cognito” (come lo definisce Mozart) Pasquale Anfossi, che Mozart plagiò in alcune delle sue più celebri composizioni. Alla fine del libro vi è un indice con brevi biografie di 186 musicisti protagonisti di quella straordinaria avventura, oltre a un utile indice delle Biblioteche che conservano manoscritti del Settecento napoletano. Il libro di Enzo Amato, egli stesso musicista e compositore, porta dunque un’altra splendente pietra al riscatto storico artistico della grande Civiltà Napoletana. Da tante pietre nascono cose mirabili, Piramidi e Cattedrali, e Obelischi, e oggi il lavoro è a buon punto, già si scorge la fine dell’opera, il materiale di cui è fatta è di buon conio e né venti né tempeste lo abbatteranno. Il merito va a ricercatori come Enzo Amato e ad editori coraggiosi come Pietro Golia di Controcorrente. Un lavoro fatto di anni, duro, faticoso, passionale, impegnativo… ma necessario. Come diceva Louis-Ferdinand Céline, “Le idee tutto bene, ma solo un ordine morale permette di realizzare un’esperienza valida.”
Marina Alberghini