di Pietro Golia
Angelo Manna o della Ribellione storiografica, culturale, sociale del Meridione. Dunque, un ribelle. Vale a dire, la difesa del popolo del Sud, della sua terra, della storia, della memoria, della lingua, dell’identità.
Fronteggiava l’impostura, la fronteggiava d’istinto, con scienza, a volte con ira, mai sottovoce. Incitava i meridionali a non essere sottomessi, distratti, a non farsi incantare dalla riconoscenza sociale, dai pennacchi, dai privilegi.
Indimenticabili le sue requisitorie in Parlamento, di fronte al sistema di potere, contro gli avvoltoi che volavano basso sulle macerie del terremoto del 23 novembre 1980 e nei confronti di storici e intellettuali gettonati, venduti, che lavoravano indefessi per il lavaggio del cervello, del carattere dei meridionali, al servizio di multinazionali, gran capitale, alta finanza e industria del Nord.
Si faceva beffe di chi era afflitto dal pensiero unico e anchilosato, da un AIDS mentale paralizzante.
Era un uomo poliedrico, sapeva attraversare tutti i fronti. Davanti al conformismo planetario, all’individualismo narcisista e autoreferenziale, teneva la schiena diritta. La Storia del Sud non è l’Italia Una e indivisibile, non è una storia finita, resta sempre aperta, in special modo oggi che il mondo è votato alla depressione implosiva. Il Sud è una polveriera, dicono i giornali del Nord. Il Fuoco cova sotto la cenere.
Angelo Manna, un cuore ribelle, un giornalista, ma anche un poeta, uno scrittore, uno storico. Ancora non gli perdonano il Tormentone, quella trasmissione settimanale che inchiodava da Canale 21 la città del malaffare politico, un modello di comunicazione sociale, diretta, popolare, mai volgare. La si dovrebbe studiare a Scienze della Comunicazione, a Teoria e Tecnica della Comunicazione di Massa. Si rendeva conto, e lo ribadiva sempre, che ogni punto del mondo diveniva centro e periferia nello stesso tempo. Le grandi società industriali, il cartello dei narcotrafficanti, le mafie e le organizzazioni criminali erano tutte funzionali al sistema della disgregazione.
Ancora risuonavano le sue accuse: Quegli assassini dei fratelli d’Italia ci chiamarono briganti. Il Risorgimento fu il programma spietato di una pulizia etnica quando i Piemontesi invasero il Regno delle Due Sicilie. E quindi lui era dalla parte dei briganti, i guerriglieri del Sud a difesa della propria terra, Tradizione e Libertà. Dalla parte di Federico II, stupor mundi, e dell’idea imperiale. Molto critico, invece, nei confronti degli Angioini e della Chiesa. Angelo Manna uno spirito libero, un uomo libero.
Meridionalista convinto, avrebbe potuto fondare una Lega meridionale, sovranista, indipendentista, populista e separatista. Quindi secessionista.
Quando nel 1983 si presentò alle elezioni politiche prese 82.085 voti. Questo dovrebbe essere un elemento di riflessione per tutti quei partitini “meridionalisti”, insufficienti e inconcludenti, che continuano a percorrere vie sbagliate, dai consensi risibili, che mietono solo brucianti delusioni.
Angelo Manna, da questo mondo in frantumi, non può essere perdonato, viene ancora censurato, minimizzato.
Ma tutti devono fare i conti con la sua modalità dell’Essere, con le sue idee, con i suoi sacri furori. Come allora, così adesso.
Nel 1999, nell’antisala dei Baroni del Maschio Angioino, al Convegno sui Silenzi della Storia e sull’oppressione giacobina a Napoli, conclude dicendo: “Di questo passo, qui occorre una nuova insorgenza popolare armata!”